Avv. Barone: “Variante al PRG, ultimo atto delle politiche urbanistiche degli ultimi 50 anni”

Conferenza stampa organizzata dal senatore Battaglia, nella sede di Art. 1 – MDP, per un incontro dell’avv. Gaetano Barone con i giornalisti, per illustrare i contenuti delle osservazioni, inoltrate al Sindaco di Ragusa e al competente assessore della Regione Siciliana, sulla recente delibera di variante al PRG, approvata dal Consiglio Comunale nello scorso mese di marzo.
La sperimentata e apprezzata competenza dell’avv. Barone nella materia e la consueta lucida e sintetica storia delle vicende urbanistiche della città, ha reso l’incontro un piacevole momento di informazione e di formazione per questioni che, spesso, vengono esaminate superficialmente, per mancanza di competenze specifiche, e restano affidate, solo, alle valutazioni degli addetti ai lavori.
Il senatore Gianni Battaglia ha introdotto il tema dell’incontro, sottolineando come fosse solo una coincidenza la contemporanea campagna elettorale per le comunali che, comunque, pone fra i problemi comuni a tutti i programmi, quello dello svuotamento del centro storico, sia pure con sfumature diverse.
L’avv. Barone ha inoltrato le sue osservazioni sulla delibera del Consiglio Comunale di Ragusa del 15 marzo 2018 n.11, limitatamente alla parte con la quale è stata adottata la variante parziale relativa alle aree per l’Edilizia Residenziale Pubblica.
Nel deliberato ci sono anche cose positive, ma emergono forti contraddizioni in merito alle affermazioni su un presunto stop che si vorrebbe imporre alla cementificazione che, di fatto, viene incentivata da ulteriori insediamenti in periferia.
L’avv. Barone considera la delibera l’ultimo atto delle politiche urbanistiche degli ultimi 50 anni.
Preliminarmente, è stato evidenziato come lo strumento urbanistico del 1970, approvato nel 1974, faceva riferimento ad un incremento di popolazione da 70.000 a 100.000 abitanti, una fantasia basata sul nulla, che serviva solo per identificare una massa enorme di aree edificabili. Si arrivava, addirittura, a identificare come zone di villeggiatura urbana aree di contrada Bruscè.
L’avv. Barone non lo specifica, ma è facile intuire come, nel tempo, si siano imposte le politiche volute dalla lobby dei costruttori che hanno mirato al facile guadagno, dedicandosi alle costruzioni in queste zone periferiche, non condizionati da particolari vincoli.
Venne omessa l’adozione del Piano Particolareggiato dei quartieri storici, impedendo ogni possibilità di intervento edilizio (accorpamenti mediante ristrutturazione edilizia) in grado di attribuire all’edificato esistente, di insufficiente dimensione (30-40 mq.), presente sia nel quartiere di Ibla sia nel quartiere di Ragusa superiore, la funzione residenziale conforme alle nuove esigenze abitative acquisite, anche nel meridione, dagli anni 150 in poi.
La possibilità edificatoria immediata, propria delle zone omogenee di espansione, da un canto, e la contemporanea impossibilità di modificare l’edificato minimo dei quartieri storici, dall’altro, hanno finito per determinare l’impressionante esodo degli abitanti, ospitati in tali quartieri, passati dalle 25 mila unità del 1961 (su una popolazione poco superiore ai70.000 abitanti) alle circa 5.000 unità del 2011.
Ci furono gravissimi effetti di natura sociale ed economica, che non potevano essere mitigati, nemmeno, dall’approvazione del piano particolareggiato che fu approvato nel 2010.
Nonostante le indicazioni del prof. Cervellati, redattore del PRG, il piano particolareggiato fu manipolato, scomparivano gli accorpamenti.
Lo strumento in oggetto conteneva un emendamento alle norme di attuazione che ammetteva gli interventi di ristrutturazione ed accorpamento della edilizia minore, sembrava che, finalmente, dopo ben oltre 35 anni, si potesse disporre di uno strumento urbanistico in grado di bloccare l’emorragia abitativa dei quartieri antichi e di favorire la loro riqualificazione fisica e sociale, ma purtroppo le aspettative sono rimaste deluse.
A seguito di un voto contrario del C.R.U., l’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente ebbe a richiedere al Comune, prima di assumere il Decreto finale, di controdedurre a tale voto contrario, e tuttavia il Consiglio Comunale dell’epoca, inspiegabilmente, decise di non assumere la delibera di adozione delle controdeduzioni, già tempestivamente predisposte dagli uffici tecnici del Comune.
Nonostante qualificati tentativi di opporsi al decreto regionale da pare di quanti erano convinti della necessaria rivitalizzazione del centro storico, si sono determinate due grandi periferie che sono da riqualificare, anzi, meglio sarebbe dire che tutta la città è diventata una periferia, in quanto, nelle zone nuove ci sono le abitazioni ma mancano chiese, farmacie, negozi, centri di aggregazione, in centro ci sono questi elementi, ma mancano gli abitanti.
Nel 2006, il nuovo PRG prevedeva il blocco dell’espansione edilizia ma senza effetti concreti, perché vengono fuori altri fenomeni che, l’avv. Barone continua a non dirlo, hanno la stessa paternità del problema generale.
Emerge la novità dei programmi costruttivi, soluzione ideata per venire incontro alle esigenze abitative, comuni ad altre parti d’Italia, ma non segnatamente nella nostra città, che diede luogo ad una politica fondata sui piani di zona, veri e propri piani particolareggiati all’interno dei PRG nelle quali insediare famiglie con redditi limitati, nuove famiglie, giovani che non avessero titoli di proprietà su altre abitazioni.
Una politica che, a Ragusa, fu attuata in pieno, con successo, con due piani di zona molto ampi, in contrada Patro e in contrada Pendente, aree esaurite nel corso degli anni ’90.
Per le aree mancanti, la Regione vara una legge regionale che impone ai Comuni di varare altri piani di zona, in mancanza dei quali si può sopperire con il varo dei singoli piani costruttivi, in pratica, se non hai aree disponibili, puoi occupare le aree agricole.
A Ragusa sono stati maestri nel proporre una variante del PRG che fa diventare zona C, edificabile, 1.900.000 mq di terreno agricolo, una scelta che poteva essere legittima ma subordinata rigidamente al fabbisogno abitativo, circa 3.500 abitanti al posto dei 15.000 presenti, il tutto secondo la normativa che imponeva insediamenti non inferiori al 40% del fabbisogno e non superiore al 70%.
Il piano di zona non è stato fatto da nessuno degli amministratori, si continuano le politiche urbanistiche del passato, l’ultima delibera, secondo l’avv. Barone, non solo non fa quello che avrebbe dovuto fare ma, con una scelta impropria, nonostante abbia contezza che ci sono 13.000 alloggi inutilizzati, prevede ulteriore occupazione per altri 5.000 abitanti.
I costi delle urbanizzazioni, ancorché a carico di chi costruisce, sono enormi e vengono ribaltati sui cittadini per mantenere i servizi relativi e per cercare di assicurare un servizio di mobilità pubblica.
Mentre il riutilizzo abitativo dei quartieri storici continua ad essere impedito, con conseguente soppressione del diritto delle famiglie che intendono abitare nella città antica, si è deciso, con la delibera consiliare in oggetto n. 11/2018, di procedere ad una nuova massiccia espansione di edilizia residenziale, e conseguente occupazione di nuovo suolo, che finirà per svuotare anche i quartieri realizzati, tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 .
Ci sono motivi fondati per le osservazioni, per non dire delle ipotesi di illegittimità, secondo l’avv. Barone, per i seguenti motivi: i vincoli espropriativi del Piano Regolatore Generale del Comune di Ragusa sono scaduti sin dal 2011, il Comune era ed è tenuto alla adozione della Variante Generale del P.R.G., assolutamente dovuta, oltre che per obbligo di legge, per evitare conseguenze assolutamente pregiudizievoli per l’intera comunità ragusana.
Tutti i progetti di opere infrastrutturali debbono essere approvati in variante al Piano Regolatore, c’è l’impossibilità di acquisire gratuitamente, tramite la urbanistica perequativa, le aree necessarie alle infrastrutture pubbliche di spesa anche modesta, c’è la necessità di sottrarre l’erario comunale alle più o meno pesanti conseguenze economiche derivanti dalle decisioni del TAR Sicilia, che continuano a condannare il Comune alle spese processuali per la illegittima inerzia conseguente alla scadenza dei vincoli.
Nessuna ragione, formale o di merito, pertanto, sussisteva per adottare ora, in attesa di assumere la doverosa Variante Generale del P.R.G., una variante, parziale e singola, per di più diretta solo ad impegnare nuovo suolo agricolo per l’insediamento di ulteriori ben 4.200 abitanti in assenza di un effettivo fabbisogno.
Il Comune di Ragusa, in violazione dell’onere imposto sia dal Decreto di approvazione del P.R.G. 2006, non ha mai adottato il Piano di Zona, essendosi limitato con la delibera n.3 del 30 gennaio 2007, ad individuare, in zona di verde agricolo, una vastissima area della estensione di circa un milione e novecentomila metri quadri, in grado di insediare almeno una popolazione di circa 12 mila abitanti, sulla quale ha consentito già la collocazione di numerosi programmi costruttivi, in parte già realizzati in parte solo approvati, ed in parte in corso di approvazione, con un insediamento, attuato e previsto, di circa 5.200 mila abitanti, già notevolmente maggiore di quello che il mai adottato Piano di Zona avrebbe potuto consentire.
I titolari dei programmi costruttivi (imprese edili e cooperative edilizie), proprietari delle aree, saranno stati o saranno costretti, pur di estendere la platea degli acquirenti a qualunque indifferenziato soggetto, a rinunziare al finanziamento statale o regionale, onde sottrarsi alle dovute verifiche sui requisiti di legge per accedere a siffatta edilizia, effettuate, al momento del trasferimento in proprietà degli alloggi, dagli organi regionali o statali, erogatori dei finanziamenti pubblici, in genere costituiti dal pagamento degli interessi dovuti agli istituti mutuanti.
Rinunzia questa, tuttavia, che determina il venir meno dell’unico presupposto di legge per poter far ricorso ai programmi costruttivi di cui all’art. 25 della L.R. n. 17/1996.
C’è di più: quando sembrava che le superiori anomalie si fossero comunque esaurite con la collocazione dei programmi costruttivi esistenti, realizzati, approvati o in corso di approvazione, perfettamente elencati nella relazione allegata alla delibera n. 11 del 15 marzo 2018, per un totale di oltre cinque mila abitanti, è stata approvata dal Consiglio Comunale la superiore delibera, con la quale:
-piuttosto che adottare finalmente il dovuto Piano di Zona per riportare ordine e certezza al fabbisogno abitativo complessivo ed a quello di edilizia economica e popolare;
-piuttosto che adottare la variante generale al Piano Regolatore Generale i cui vincoli risultano scaduti da oltre sette anni, al fine disporre delle aree indispensabili alle infrastrutture cittadine;
-piuttosto che trarre le dovute conseguenze dalle affermazioni in ordine al ritenuto ingiustificato sovradimensionamento delle aree destinate ai programmi costruttivi già approvati o in corso di approvazione per l’insediamento di oltre 5 mila abitanti
-piuttosto che trarre le dovute conseguenze dalla affermazione in ordine alla esistenza di un “ingente patrimonio edilizio esistente non utilizzato (pari a circa 13 mila abitazioni)”;
-in totale assenza di alcuna motivazione in ordine alla necessità di previsione di nuove aree di espansione edilizia, neppure con riferimento ad eventuali nuovi programmi costruttivi assistiti da finanziamento pubblico, ed in totale contraddizione con le affermazioni e le verifiche in precedenza riportate,
il Consiglio Comunale ha deciso in sostanza di introdurre al vigente Piano Regolatore Generale una variante parziale e singola di espansione edilizia residenziale per ulteriori 4.200 abitanti localizzata proprio nelle aree residue, non ancora utilizzate, già previste nella pur criticata delibera consiliare del 30 gennaio 2007 n.3 (quella del milione e novecentomila metri quadrati) .
In ragione, quindi, della più che evidente illegittimità della delibera consiliare n. 11/2018, limitatamente alla parte censurata, l’avv. Barone chiede al Consiglio Comunale ed all’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente che vengano accolte le suesposte osservazioni

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