Crisi energetica e politica industriale. Da Ragusa lanciato un modello di sviluppo e di coesione. Procedere per vincere la sfida con la transizione.

C’è una strategia nuova da mettere in campo nel triangolo industriale Gela, Ragusa, Siracusa legato dal filo unico del petrolchimico, della ricerca e delle problematiche, complesse e articolate, di una transizione ecologica dove l’Europa detta le sue regole senza tenere conto delle vocazioni territoriali.
Il convegno sul tema “Estrazione e Chimica di Base: tendenze e scenari in evoluzione” promosso dalla CGIL e dalla Filctem di Ragusa e tenutosi nell’Auditorium del Centro Studi Feliciano Rossitto a Ragusa, è servito a tracciare alcune linee che vedrebbero nell’unità di intenti e di azione, di politica, industria e sindacato, lo strumento utile per affrontare la sfida dei nuovi tempi.
La situazione attuale non è florida. L’ha descritta in modo puntale il segretario generale della Filctem di Ragusa, Filippo Scollo, nella relazione che ha introdotto i lavori molto partecipati.
Legati alle fonti tradizionali energetiche i territori necessitano di un cambiamento del modello industriale che presuppone la partecipazione dell’intervento pubblico con poderosi finanziamenti.
L’ENI assume una direzione contraria: rivedere gli assetti complessivi di Versalis a causa di performance economiche negative.
Queste potrebbero avere contraccolpi notevoli sui siti in Sicilia e a Ragusa in particolare.
Versalis (produzione di polietilene dall’etilene prodotto a Priolo) è presente con tre linee attive e 125 dipendenti diretti.
Nel settore estrattivo, gestione ENIMED, la produzione di petrolio è di 150 metri cubi al giorno, (14 a Tresauro e 6 a Ragusa), la produzione di gas è di 30.000 metri cubi al giorno e ENEL acquista 24 Megawatt al giorno di energia elettrica, prodotta da un cogeneratore alimentato dal gas estratto.
L’Ente di Stato rimane dunque, l’erede di una storia sociale, economica e occupazione, quasi un valore identitario, del territorio ibleo.
“Al di là della sfida che ci presenta la transizione ecologica, dichiara Filippo Scollo, si evidenzia come il fattore energetico sia ancora fortemente dipendente da fonti tradizionali. Sfruttare le risorse locali per ridurre la dipendenza energetica dall’estero diventa quindi strategico, specialmente in periodi di scarsità come quello attuale”.
Modelli unici di sviluppo e di strategia e contro ogni smantellamento come è successo a Gela con il dissalatore utile alla produzione industriale come ha denunciato Rosario Catalano, segretario generale della Filctem di Caltanissetta; il rischio di non mantenere i livelli occupazionali in una fase di passaggio da vecchi modelli ai nuovi è stato rilevato da Fiorenzo Amato, segretario generale della Filctem di Siracusa.
L’idea di una transizione ecologica che non neghi la realtà esistente è stata lanciata da Giorgio Massari, assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Ragusa, perché diversamente la blocchiamo. Lo sviluppo deve essere complessivo anche se ciò è complicato atteso che bisogna mantenere in piedi, occupazione, impresa e innovazione negli interventi.
Tanto complessa l’idea che la dr.ssa Giusy Migliorisi, della direzione di Sicinindustria Ragusa ha ribadito la necessità di lavorare insieme a vantaggio del territorio.
Federchimica propone un modello di sviluppo che tiene conto delle risorse umane, dello sviluppo e ricerca e della sostenibilità ambientale. Rimane critico e purtroppo aperto il tema delle autorizzazioni, lente e complesse che fanno fuggire eventuali investitori. La sfida è l’accesso alle fonti energetiche e la modifica delle normative utile all’impresa ad affrontare il cambiamento.
La fragilità del sistema Paese, rispetto ai cambiamenti nello scenario europeo con la guerra in Ucraina, è stata evidenziata da Peppe Scifo, segretario generale della CGIL di Ragusa, laddove le crisi del medio oriente ci condizionano oltremodo perché hanno ripercussioni fortemente negative nelle politiche nazionali e regionali in tema di approvvigionamento energetico che registra un settore in continua crisi. La politica industriale, ribadisce Scifo, si ripercuote in modi decisivo sulle strategie industriali. Il Mezzogiorno d’Europa non può non guardare al Mar Mediterraneo come area di sviluppo e di interscambio e che invece è diventato un luogo di conflitto e che quindi non aiuta la crescita.
Una denuncia forte sull’assenza di un dialogo costante e condiviso degli stati sociali è stata fatta da Pino Foti, segretario generale della Filctem Sicilia.
Questo ha come conseguenza il mettere in discussione i livelli occupazionali, peraltro, in settori specializzati della produzione. Il destino non può essere legato al fatto di affrontare da soli le crisi.
Allora è necessario prevenire il ruolo e il compito della politica richiamando il Governo regionale alle sue responsabilità.
E sul tema di costruire dei tavoli interistituzionali per affrontare le politiche energetiche della Sicilia si è espressa Gabriella Messina, segretaria regionale della CGIL, perché i problemi della transizione ambientale non si possono affrontare in ordine sparso seguendo regole dettate dall’alto.
Dopo gli interventi di due delegati, Carmelo Leggio e Giovanni Pagano, che hanno parlato delle loro esperienze lavorative ha chiuso i lavori Antonio Pepe, segretario nazionale della Filctem.
Il quadro complessivo Europeo e italiano non è ottimistico: l’Europa ha venduto la tecnologia ai paesi emergenti.
La politica automobilistica in Italia non esiste più, si è persa l’informatica, la telefonia.
Il contesto sociale non aiuta. La guerra in Ucraina ha sconvolto le regole e l’Italia a stento è riuscita a mantenere un livello minimo di approvvigionamento energetico con le proprie forze.
Si è dimostrato che le politiche energetiche devono precedere quelle industriali. In questa direzione nel 2040 i processi di raffinazione del petrolio non esisteranno più e la Sicilia sarà chiamata ad una sfida di non poco conto a cominciare dalle bonifiche del territorio.
Questa è una delle ragioni per le quali bisogna mettere in campo una strategia che riunisca con un unico intento, quello del progresso, la politica, la Confindustria e il sindacato, in un rinnovato modello di relazioni industriali. Se così non si farà, ammette Pepe, ne subiremo tutti le conseguenze.

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